Carmine Lubrano

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LA POESIA DI CARMINE LUBRANO


c’erano una volta i Quaderni di Critica. C’era una volta TERRAdelFUOCO e con Martini e Caruso,Pignotti e Lunetta,la Scuola Napoletana il dada,l’avanguardia e la neo-avanguardia. C’era una volta la Terza Ondata e c’era Bettini e Di Marco e con i compagni dei Quaderni e con il Lab-Oratorio. C’era una volta il Lab-Oratorio,fondato e diretto da Carmine Lubrano e spesso e volentieri ci trovavi Villa e Costa,pubblicati,che erano ancora in vita,anche se da molti sconosciuti.

E c’era Lubrano poeta e organizzatore (vulcanico ) di festival -processioni laiche,con i botti ed i fuochi e nei siti archeologici.     C’erano i Percorsi perVersi,le chiese sconsacrate, i grandi Libri d’Artista,in grado di spaccare anche le pietre.

C’era il Premio Feronia e c’era la poesia quella “bella” bella davvero,quella tosta ,quella sempre antagonista.

C’era Lubrano che nel 1988 passeggiava nelle Confluenze di Arezzo ( e dopo aver letto le sue poesie in franco-napoletano a Parigi ) con Adriano Spatola,mentre il gruppo ‘93 ai suoi primi vagiti , aspettava la presa di Troia con il Cavallo.

C’era Lubrano che,senza temere imitazioni,cantava in lingua napoletana miscidiata ad altre lingue, e quale arma sinestetica ( come scriveva Filippo Bettini ). 

Lubrano che pubblicava con Scheiwiller il suo “scovera jorda pilosa” e nel 2004 si vedeva assegnato il Premio Feronia per la poesia,con il libro “Lengua Amor Osa”


Oggi povera povera poesia, la poesia si è ammalata di noia,tra stanze buie e senza allegria alcuna. Hanno vinto gli imbecilli ,gli idioti ( lo scrive Carmelo Bene ).

Le riviste cartacee ( dove c’era da leggere qualcosa ) sono quasi tutte scomparse 

( anche Milli Graffi purtroppo è andata via , ci ha lasciato dopo il Verri 72 : “La poesia fa male” , fra le cose più interessanti di questi anni ).

Sanguineti fa un po’ meno paura .

E Lubrano ,che con Edoardo ha bevuto vino buono e insieme sono scesi nei purgatori infernali e nelle sulphitarie, A cro sti Canto la vita e le rosse bandiere, Lubrano non demorde, non molla la lotta contro l’imperante mediocrità.

Lubrano ancora oggi si fa in tre per l’avanguardia ( F.Muzzioli in CriticaIntegrale ) e forse anche in quattro,perché,tra l’altro,ha riaperto il Lab-Oratorio e con 

delli Santi,Fontana,Muzzioli,Allegrezza,Aprile. . . per proporre un’altra (possibile) avanguardia.

Lubrano,che porta sempre con se,nel suo canto,le magie di Rino Zurzolo al contrabbasso ed il sax di James Senese,Lubrano ancora,lontano da ogni scorciatoia lirica,appassiona,commuove,lascia senza fiato.


E dopo Emilio Villa,dopo Edoardo Sanguineti,dopo “ ‘l mal de’ fiori “ di Carmelo Bene,tra i grandi santi Anarchici ( unici ed irripetibili ), c’è posto solo per Carmine Lubrano ( il secondo regale Lubrano,come scrive Marzio Pieri ) . Ed ha ragione, ha ragione Gualberto Alvino :  “ . . . LEGGERE E ASCOLTARE LUBRANO È UN DOVERE “

oltre che un “orgiastico piacere” .


e scrive Lubrano,dal volume secondo di una nuova (possibile) avanguardia, scrive :

. . .  “ ora che Sanguineti fa un po’ meno paura,ecco che tutti li scarrafune escene fora dal buco nero e per leccare il culo dei titolari delle botteghe e con il vestito buono della domenica            e così tutti allo specchio :   specchio specchio chi è il poeta più bello del reame ?         e siamo tutti finiti alla sagra del puparuolo arrostito. . . “


ma non è finita, Lubrano lo sa e continua ancora con la sua musica su carta,con il suo fiume sanguigno a costruire reticolati volti alla protesta,alla messa in crisi del dettato politico che si dà come realtà,di nuovo,torbida ( F.Aprile : il movimento continuo della poesia di C.L. ).  e la storia continua. . .

rRose Duchamp

Copertine

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LUBRANO SI FA IN TRE PER L’AVANGUARDIA!

2 LUGLIO 2020 FRANCESCOMUZZIOLI 

Con Carmine Lubrano ho collaborato attivamente negli anni Novanta, all’epoca della Terza Ondata, quando abbiamo provato a rianimare la teoria e la pratica dell’avanguardia, contrastando la resa generale alla omologazione postmoderna. Della necessità dell’avanguardia resto convinto ancora oggi – come forse avranno capito i lettori di questo sito; –  perciò mi rallegro che anche l’amico Carmine vi insista e vi dedichi con rinnovate forze ben tre libri delle sue splendide edizioni di Terra del fuoco. Il libro del giorno, questa volta, si fa in tre. E tre volumi ben assortiti: nel primo, intitolato Sono le undici e quaranta di questo santo venerdì santo. Poesia in quarantena, Lubrano presenta suoi testi, versione aggiornata all’ultima emergenza della sua poesia plurilinguista, magmatica e fluviale; il secondo, intitolato Le ragioni dell’avanguardia: la poesia di Carmine Lubrano, è dedicato al percorso poetico dell’autore e raccoglie saggi critici, dai brani fondamentali di Filippo Bettini per la Terza Ondata, a un saggio attuale, molto acuto e approfondito di Paolo Allegrezza, e poi Roberta Moscarelli, Francesco Aprile, Annalucia Cudazzo e vari altri; il terzo, infine, con interventi creativi e critici, riapre il dibattito su un’altra (possibile) Avanguardia.

Quella di Lubrano è una sorta di poesia ininterrotta, un instancabile flusso creativo-erotico-politico-poetico sull’onda di versi preferibilmente lunghi e ritmati a concorrenza col rap, privi di punteggiatura e di pause, in cui vengono trascinati linguaggi diversi (la commistione con il dialetto, in primo luogo), livelli diversi, citazioni degli autori prediletti (spesso riprese con un processo di espansione), chiamate in causa dei suoi propinqui, insieme a svariati materiali.

In questo nuovo libro, in particolare, la Poesia in quarantena fa ovviamente punto sull’attualità del lockdown con tanto di data messa a titolo, 20/032020. Ma non si deve pensare a una corsa allo scoop per arrivare primo a scrivere un poema sul virus; il problema è invece specifico e, direi, stringente: infatti, come può scriversi questa poesia di grande movimento, questa poesia così estroversa e così “incontenibile”, così piena di slancio dionisiaco, come può sussistere nella chiusura e nel distanziamento sociale, nell’isolamento, sia pur dettato da opportune ragioni sanitarie? Ecco allora l’assoluta necessità di questo poema fatto di vari pezzi e tuttavia molto coerente nel suo insieme, dove il poeta stesso si dichiara “infetto”.

E avremo, intanto, un movimento di polemica verso i luoghi comuni che la situazione-pandemia ha indotto nelle comunicazioni di massa che hanno sguazzato nell’emergenza a forza di frasi fatte, tipo “andrà tutto bene”, “ne usciremo migliorati”, “nulla sarà più come prima”, i proclami di “guerra”, “gli italiani hanno capito” e via di questo passo. Lubrano non perde tempo per stigmatizzare l’infezione da banalità:

andrà tutto bene ci sarà una nuova pandemia

dopo la pandemia ci sarà il terremoto e l’alluvione

ci sarà l’eruzione le mille bolle blu il tutù

ci sarà la peste e gli appestati e continueremo

a morire per il cancro al polmone e perché

qualcuno avrà dimenticato di tirare lo sciacquone

Un altro movimento del testo è quello di parlare del presente proiettandosi sul futuro, in modo da non perdere la carica vitale («e faremo questo e quello / appena sarà passato faremo festa / e balli mascherati le mascherine colorate / con i pupazzetti disegnati per i bambini»).

Ma soprattutto, la poesia di Lubrano rivendica il proprio impulso quantunque e comunque. Lo si vede soprattutto nei versi ispirati a Emilio Villa, una vera colata surrealista con il battere ostinato di una scrittura che non vuole smettere. Un breve stralcio di questa verbigerazione che non trova limiti se non nell’ampiezza della pagina (e che posso riportare nel formato mobile della rete solo riproducendo con le barre gli accapo del libro):

l’informe primordiale seminale tra salamandre / cieche e dormienti in questo liquido tragitto ma tutto non / si può milanesi siamo sempre quelli nei quartieri / residenziali nella parte bianca della pagina allineate / e delicatamente pitturate nelle situazioni pericolose nello / stesso gesto vocale ora le probabili quattro stagioni nel / possesso di una qualità che offende pubblicamente le / istituzioni ottenere ciò che si vuole bussando alla ringhiera / parabole senza materia / le vanità verbali del pelo lungo e sottile

La poesia di Lubrano è decisamente una poesia del corpo: così corporea è l’insistenza della proiezione ritmica; altrettanto corporeo è l’indirizzo dell’enunciazione, rivolta sempre costantemente verso altri corpi, richiamo erotico che ne fa una poesia di contatto, per così dire, un autentico gesto verbale in cerca di corrispondenza (si veda in particolare il testo Cercasi poetessa poetessa cercasi). Nel periodo dell’«amore vietato», questo è lo spunto che maggiormente preme contro le barriere del “distanziamento”.

Aggiungo a margine che a me preme anche molto il libro sull’”avanguardia possibile” che riapre un dibattito apparentemente ormai sepolto. Ci sono gli interventi ancora di Paolo Allegrezza, Giovanni Fontana, Francesco Aprile, Gaetano delli Santi, Annalucia Cudazzo. Spunta pure, e mi fa molto piacere, tra i luoghi dell’avanguardia oggi, la schermata di “Critica integrale”. Quando il dibattito riparte non c’è che da festeggiare e partecipare.

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